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Il Garante per la protezione dei dati personali nella sua relazione al Parlamento del 6 giugno 2017, titolata “Persona, diritti, innovazione”, nel paragrafo denominato “La resilienza informatica e quella della democrazia”, aveva ricordato, partendo proprio dall’allarme mondiale  ingenerato dal ransomware Wanna Cry che, nel 2016, gli attacchi informatici avevano causato alle imprese italiane danni per nove miliardi di euro ma meno del 20 per cento delle aziende aveva fatto investimenti adeguati per la protezione del proprio patrimonio informativo.

A distanza di alcuni mesi l’Authority ritorna sui ransomware, pubblicando una pagina informativa sul proprio sito istituzionale, contenente alcune regole basilari per comprenderli meglio e consentire agli imprenditori di mettere in campo alcuni accorgimenti utili per non diventarne vittima o liberarsene nel caso in cui i dispositivi utilizzati siano stati infettati con successiva richiesta di riscatto. Per portare avanti questa campagna informativa sul ransomware il Garante si avvarrà anche di piattaforme quali Linkedin, Instagram e Google+.

Il ransomware viene definito dal Garante come programma informatico dannoso diffuso per infettare un dispositivo elettronico (pc, tablet, smartphone, smart tv), bloccandolo o criptandone i contenuti (foto, video, file), e chiedere un riscatto per “liberarlo”.

Attraverso la predisposizione di schede tecniche il Garante mira a sensibilizzare gli utenti sulle diverse tematiche connesse alla protezione dei dati personali riconducibili all’utilizzo delle nuove tecnologie.

 

Riferimento: Infografica del Garante privacy pubblicata il 13.12.2017